Confartigianato Livorno

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Notizia 788 del 13/06/2013

 

   ASSEMBLEA 2013 - RELAZIONE DEL PRESIDENTE

 


<br>ASSEMBLEA 2013<br><br><br><br>RELAZIONE DEL PRESIDENTE<br>GIORGIO MERLETTI<br><br><br>ROMA, 11 GIUGNO 2013<br><br><br><br><br> <br> <br>Autorità, cari Colleghi ed Amici, Signore e Signori, benvenuti alla nostra Assemblea annuale.<br>Al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, rivolgo il nostro profondo ringraziamento per il messaggio che ci ha inviato e per l’altissimo senso di dedizione al suo compito istituzionale.<br>Saluto i Presidenti delle Confederazioni con le quali da tre anni condividiamo l’esperienza di Rete Imprese Italia: Casartigiani, CNA, Confcommercio, Confesercenti.<br><br>Imprenditori in trincea per difendere attività produttive e posti di lavoro. Chi governa si sforzi di conoscere davvero l’economia reale<br>Ringrazio voi, cari colleghi imprenditori, per aver voluto essere qui, oggi, a testimoniare che l’artigianato e la piccola impresa sono ancora la forza del nostro Paese.<br>So che per molti di voi non è stato facile lasciare le vostre aziende in un momento così delicato, in cui ogni giorno si combatte duramente per difendere le attività produttive e i posti di lavoro.<br>Dall’inizio della mia presidenza sto percorrendo il Paese: è un viaggio importante nelle realtà regionali e provinciali, un percorso “politico”, nel puro senso della parola. Un viaggio nell’Italia dell’economia reale che vorrei fosse compiuto anche da chi ci governa, da chi decide per noi, a volte senza conoscere davvero chi siamo e cosa vogliamo! Cari colleghi, ho raccolto il vostro appello a fare presto per cambiare marcia, per dare risposte rapide ai giovani che non riescono ad entrare nel mondo del lavoro, agli anziani di cui non possiamo disperdere il patrimonio di saperi e di esperienza, alle famiglie ed alle imprese che non ce la fanno più.<br>Sono un imprenditore. Come voi non sono abituato a lamentarmi e ad aspettare aiuti che cadono dall’alto. Noi artigiani, davanti alle difficoltà, ci rimbocchiamo le maniche e ci inventiamo soluzioni per dare nuove speranze ed opportunità alla nostra azienda e alla nostra comunità.<br>Lo sappiamo bene, siamo un Paese con poche materie prime, ma con una grande risorsa, la materia grigia, e abbiamo sempre saputo sfruttarla al meglio per fare impresa, per dare lavoro, per contribuire allo sviluppo economico e sociale dell’Italia, capaci di vedere il nuovo anche dove molti vedono forse la disperazione.<br><br>Creatività e coraggio di artigiani e piccoli imprenditori rischiano di arrendersi alla paralisi dell’azione politica<br>Lo sappiamo bene noi, artigiani e piccoli imprenditori: nelle nostre imprese è centrale la persona, con le sue idee, le sue aspirazioni, la sua determinazione. <br>Ma anche la creatività, il coraggio, la forza della volontà hanno un limite e rischiano di doversi arrendere di fronte alla paralisi dell’azione politica, alla quale tocca creare le condizioni di contesto in cui opera l’impresa. <br>Una paralisi ancor più grave in questa fase cruciale in cui si deve gestire una situazione dalle tinte sempre più fosche e dalle prospettive sempre più preoccupanti. La difficoltà economica diventa disagio sociale, e arriva anche a generare disperazione.<br><br>Da novembre 2011 ad oggi Governo tecnico ‘supplente’ e ‘stallo alla messicana’ della politica. Nel frattempo perse 60mila imprese, Pil calato del 3,4%, fisco aumentato di quasi 2 punti, credito alle imprese diminuito di 65 miliardi, disoccupazione giovanile cresciuta di oltre 8 punti<br>Da novembre 2011 abbiamo avuto 18 mesi di Governo tecnico ‘supplente’, poi un estenuante ‘stallo alla messicana’, uno sterile duello in cui le forze politiche si sono tenute sotto tiro a vicenda. <br>Intanto, nei 600 giorni da novembre 2011 ad oggi, il sistema produttivo ha perso 60mila imprese, la disoccupazione giovanile è cresciuta di oltre 8 punti, il Pil è calato del 3,4%, la pressione fiscale è aumentata di quasi 2 punti e il credito alle imprese è diminuito di 65 miliardi. <br><br>Torni il tempo della responsabilità: chi governa rispetti il mandato assunto verso gli italiani. Gli imprenditori ce la mettono tutta per contribuire alla ripresa<br>Oggi deve tornare il tempo della responsabilità, la responsabilità di chi ha il compito di guidare il Paese, in modo consapevole e rispettoso del mandato assunto nei confronti degli italiani. <br>Le nostre imprese hanno fatto e stanno facendo tutto il possibile per non cedere sotto i colpi della recessione. Noi la nostra responsabilità ce l’assumiamo tutta, ogni giorno, nel compiere il nostro dovere di imprenditori, nell’impegnarci per contribuire a quella ripresa che sappiamo arriverà! <br>Ci sforziamo di trovare in questa crisi un’opportunità di cambiamento, di miglioramento e di innovazione del nostro modo di produrre, di vendere, di esportare.<br><br>Gli imprenditori alla politica: “Adesso tocca a voi. Governate, fate il vostro dovere”!<br>Ma adesso ‘tocca a voi’, tocca al Governo, tocca al Parlamento, tocca alla politica. Lo abbiamo detto nel Manifesto che un mese fa abbiamo presentato nell’Assemblea di Rete Imprese Italia. <br>Lo diciamo di nuovo oggi, lo dicono le migliaia di imprenditori che, anche in quest’ultimo mese, hanno continuato a firmare il nostro Manifesto e che vi chiedono una cosa molto semplice: Governate! Fate il vostro dovere!<br><br>Basta con promesse non mantenute, norme fatte e disfatte, troppe leggi sbagliate<br>Gli imprenditori, le famiglie, i cittadini, i giovani non ne possono più di promesse non mantenute, di impegni non rispettati, di norme fatte e disfatte, di troppe leggi che non producono effetti o che addirittura danno risultati opposti a quelli auspicati.<br><br>Riforma Fornero da rifare: da luglio 2012 ad aprile 2013 persi 1.200 occupati al giorno<br>Penso, ad esempio, alla riforma del lavoro del Ministro Elsa Fornero che ha aumentato costi e complicazioni a carico delle imprese, senza far crescere l’occupazione! Anzi: tra luglio 2012 e aprile 2013 abbiamo perso 1.200 occupati al giorno. E, così, adesso bisogna rimettere mano alle leggi sul lavoro.<br><br>Decreto sblocca debiti labirinto inestricabile<br>Oppure vogliamo parlare di quel labirinto inestricabile che è diventato il recupero dei crediti delle imprese verso la Pubblica Amministrazione? Il decreto legge approvato dal Parlamento non ha certo risolto i problemi! E lo avrebbe potuto fare recependo la nostra proposta di compensazione diretta e universale dei crediti con le tasse da versare.<br><br>Abolire il Sistri, un ‘mostro’ costato alle imprese 250 milioni e non ha mai funzionato. La crisi non sia scusa per fare cattive leggi<br>Che dire poi di un ‘mostro’ come il Sistri, il sistema di tracciabilità dei rifiuti speciali, che negli ultimi tre anni è costato 250 milioni alle imprese e non è mai entrato in funzione? <br>Eppure il Governo Monti ha voluto riproporlo, mentre l’unica cosa da fare è abolirlo e al suo posto costruire un sistema finalmente semplice, e quindi utile ed utilizzabile, come ha opportunamente annunciato il Ministro Zanonato, e spero che oggi ce lo confermerà.<br>Potrei citare decine di norme e adempimenti che sembrano fatti apposta per farci chiudere l’azienda. E non servono a nulla, non servono alle imprese, non servono al Paese.<br>La crisi non deve essere una scusa per fare cattive leggi, anzi!<br><br>La politica costruisca un progetto di futuro per il Paese<br>Quando diciamo ‘Adesso tocca a voi’, non vogliamo sottrarci alle nostre responsabilità di imprenditori e di parti sociali. È proprio il contrario: chiediamo alla politica di costruire e di indicare finalmente un progetto di futuro per il Paese intorno al quale coinvolgere gli sforzi e l’impegno di tutti. <br>Abbiamo bisogno di condividere un obiettivo comune su cui lavorare ognuno per la propria parte.<br>Alziamo lo sguardo, recuperiamo l’orgoglio, non subiamo decisioni assunte da altri. Portiamo in Europa un nostro progetto di crescita, non rassegniamoci a considerare Bruxelles soltanto un produttore di regole!<br>Inauguriamo una stagione di protagonismo nel dialogo europeo, con un nostro ruolo proattivo e propositivo, a tutti i livelli. Utilizziamo tutte le opportunità e le risorse che spesso per incapacità e miopi egoismi territoriali, come accade con i Fondi strutturali, non riusciamo a sfruttare.<br><br>Miracoli no, ma cose concrete da fare subito con idee chiare su obiettivi per il Paese<br>Non si fanno miracoli, ha detto qualche giorno fa il Presidente del Consiglio Enrico Letta. Miracoli no. Cose concrete, però sì, bisogna farle! Subito e avendo ben chiara la direzione in cui far muovere il Paese.<br>Noi apprezziamo molte delle cose che sono state inserite nel programma di Governo. Ma le apprezzeremo ancora di più se saranno realizzate! Un passo importante, in questo senso, è stato compiuto con il decreto legge sulle ristrutturazioni che dà slancio alle imprese della filiera dell’edilizia, dell’installazione di impianti e dell’arredo: tra le più colpite dalla crisi.<br><br>Fisco, burocrazia, credito, lavoro: i fronti su cui agire<br>Pressione fiscale al 44,6% nel 2013, paghiamo 38 miliardi di maggiori imposte rispetto alla media Ue<br>Ora bisogna agire, e senza esitazioni, sui fronti del fisco, della burocrazia, del credito, del lavoro.<br>Le nostre aziende non ce la fanno più a sopportare una pressione fiscale che nel 2013 toccherà il 44,6% del Pil, vale a dire 2,4 punti in più sopra la media dell’Eurozona. <br>In pratica, paghiamo 38 miliardi di maggiori imposte rispetto ai partner europei, 639 euro in più per abitante. Tra il 2005 e il 2013 l'incremento delle entrate fiscali è stato di 132 miliardi: pari pari ai 132 miliardi di incremento del PIL. Così non si esce dal tunnel della crisi!<br>Aumento di pressione al quale ha contribuito, nell’ultimo anno, la tassazione locale con l’IMU. Al riguardo faccio solo una considerazione. Non è giusto che gli immobili produttivi siano trattati alla stregua delle seconde case: i nostri laboratori vanno esentati dall’IMU perché sono la nostra prima casa!<br>Sulle imprese cade anche un incessante diluvio di leggi su ‘come’ pagare le tasse. Dall’inizio della scorsa legislatura ad oggi, il Parlamento ha approvato 491 norme a contenuto fiscale, 100 all’anno, con l’immancabile corredo di decreti attuativi e circolari esplicative. <br>Abbiamo fatto proposte per rendere semplice un sistema incomprensibile per le imprese e, ancor di più, per gli investitori internazionali. Non possiamo più permetterci il lusso di indossare la maglia nera in Europa per la pressione fiscale e burocratica. Vorremmo cominciare a scalare la classifica!<br><br>La burocrazia costa alle imprese 31 miliardi l’anno<br>Sono anni che ascoltiamo annunci di grandi semplificazioni ma poi dobbiamo sprecare in burocrazia un mare di soldi, arrivati a 31 miliardi l’anno. <br>E non diteci che non ci sono risorse per cambiare le cose. Molti interventi si possono fare a costo zero. Però bisogna volerlo. <br>E molto si può fare razionalizzando la spesa pubblica. Ma è necessario saper risparmiare. E anche sul tema della cosiddetta spending review occorre agire con buon senso e avendo ben presente un progetto complessivo. Tutti i tagli lineari finora compiuti hanno generato risparmio a breve, ma sulla lunga distanza hanno mostrato effetti depressivi non soltanto sull’azione della pubblica amministrazione, ma anche sull’economia reale. Serve quindi un’azione strategica che connetta e leghi tra loro tutte le politiche di semplificazione amministrativa, in modo da ridisegnare sul serio e con ottica di lungo periodo i meccanismi di gestione e decisione della Pubblica amministrazione. Stiamo scoprendo l’acqua calda? Forse, ma troppo spesso da noi succede che le cose si intuiscono, si strutturano, si traducono in norme, alla fine però fanno una fatica mostruosa a trasformarsi in comportamenti; e allora, siccome le cose non succedono, prevale la retroguardia, la visione corta e la logica dell’immediato.<br><br>Si corre contromano e a occhi bendati: made in Italy penalizzato in patria. E all’estero condizioni di normalità per fare impresa<br>Spesso, addirittura, ho l’impressione che si corra contromano e ad occhi bendati! Ciò avviene quando chi dovrebbe guidare il Paese verso l’uscita dalla recessione non comprende che l’artigianato e le piccole imprese sono il cuore, le mani e l’intelligenza del made in Italy. <br>Quel made in Italy tanto popolare ed apprezzato nel mondo, ma tanto penalizzato in patria.<br>Quel made in Italy di cui, noi imprenditori artigiani, siamo orgogliosi artefici e che continuiamo a difendere con passione.<br>Pare quasi che si faccia di tutto per costringerci a varcare il confine per trovare condizioni di normalità in cui fare impresa. Normalità significa non subire un fisco che tassa il 68,3% degli utili lordi d’impresa, mentre, ad esempio in Svizzera, questa aliquota è appena del 30,2%.<br>Eppure rimaniamo qui, in Italia, perché qui abbiamo le nostre radici, e vogliamo continuare a vivere e a lavorare nella nostra terra. Ma in condizioni simili a quelle degli altri Paesi europei<br><br>Serve inversione di tendenza: giù la pressione fiscale su imprese e famiglie<br>E allora è il momento di dare un chiaro segnale di inversione di tendenza in materia fiscale e, con l’uscita dell’Italia dalla procedura di infrazione per deficit eccessivo, si possono creare nuove opportunità avendo, comunque, sempre ben saldo il controllo dei conti pubblici.<br>Bisogna ridare fiducia alle imprese e alle famiglie con un riequilibrio della tassazione a loro favore e rivitalizzare la domanda interna. Senza domanda non si cresce: se non ripartono i consumi interni non è pensabile che la nostra crescita si basi solo sull’export.<br><br>Per abbattere il mostro della burocrazia bisogna ‘semplificare la semplificazione’<br>Fare cose concrete significa abbattere il mostro della burocrazia che si rigenera di continuo. Prima di puntare su nuove semplificazioni bisogna attuare quelle già approvate, controllarne l’effetto, verificare il risultato percepito dalle imprese. <br>Non fate nuove leggi, ce ne sono già tante, fate funzionare quelle che esistono.<br>Insomma, bisogna semplificare la semplificazione! <br>Ma attenzione: non è informatizzando gli adempimenti inutili che si risolvono i problemi della burocrazia. Anzi, potremmo citare le numerose disfunzioni proprio delle piattaforme digitali create dalla Pubblica amministrazione.<br><br>Credito: serve un soggetto finanziario dedicato alle piccole imprese<br>E, sempre a proposito di interventi concreti e di buon senso, dobbiamo parlare della politica per il credito. È maturo il tempo per la nascita di un soggetto finanziario dedicato alle micro e piccole imprese, che ripristini regolari condizioni di accesso al credito e ci permetta di superare le difficoltà di finanziamento bancario che tutti verifichiamo nella nostra attività imprenditoriale.<br>Un soggetto “non convenzionale”, come ce ne sono in molti Paesi europei, che si muova in collaborazione con il sistema bancario e risponda alle necessità delle imprese di avere, innanzitutto, un credito di progetto sulle attività strategiche, ma anche liquidità a tassi agevolati, copertura del rischio e accesso a tutte le forme di capitalizzazione dell’azienda.<br>In una parola, l’Artigiancassa che c’era e che nel ’95 è stata smantellata!<br><br>Valorizzare i Confidi con il sostegno del Fondo centrale di garanzia<br>Nel frattempo, va sostenuta la straordinaria vitalità dei Confidi, uno strumento inventato da noi, che è stato indispensabile per la tenuta del tessuto imprenditoriale del Paese durante la crisi, ma che ora ha bisogno urgente di supporto patrimoniale e ricapitalizzazione e può trovare, nelle risorse del Fondo Centrale di Garanzia, un efficace sostegno.<br>Il Fondo Centrale di Garanzia, con l’incremento delle risorse operato dal decreto ‘Salva Italia’, è divenuto una infrastruttura strategica per il credito nel nostro Paese e in tale direzione deve essere rafforzato. Tuttavia servono nuovi meccanismi che ne semplifichino le procedure di accesso e, soprattutto, occorre rivedere i criteri di valutazione per le piccole imprese, per tener conto degli effetti di forte deterioramento dei rating causati dalla crisi.<br><br>Contro i ‘cattivi pagatori’, applicare compensazione tra crediti e debiti verso la Pa<br>Ma non si può parlare di finanza d’impresa senza affrontare il problema del rispetto, da parte dei committenti, dei termini di pagamento.<br>Un problema che pesa come una montagna da 100 miliardi di euro sullo sviluppo del Paese e sulla vita stessa degli imprenditori, tanto da condurre molte aziende ad incolpevoli fallimenti che per noi artigiani sono fallimenti di un progetto di vita e di lavoro e generano effetti anche tragici.<br>Per questo sono indispensabili strumenti adeguati di applicazione delle nuove norme e una soluzione rapida al problema del debito pregresso della Pubblica Amministrazione.<br>L’impresa – è la nostra proposta – deve poter chiedere la compensazione universale dei propri crediti commerciali verso la P.A. con quanto dovuto allo Stato in termini di tasse e contributi. E’ un atto di civiltà, oltre che di equità.<br>Come Confartigianato abbiamo attivato sul nostro sito Internet un Osservatorio sull’attuazione della legge sui tempi di pagamento. <br>Ebbene, le imprese ci dicono che la pubblica amministrazione è un pessimo pagatore, ma che lo sono ancora di più i committenti privati, le grandi imprese, al vertice nella classifica delle inadempienze!<br>Insomma: c’è o non c’è una legge che impone il rispetto dei 30 giorni per pagare?<br>E non è solo questione di tempi di pagamento: va denunciata la drammatica piega che sta prendendo il nuovo concordato preventivo in continuità. <br>Nato per i nobili motivi di dare la seconda opportunità ad aziende colpite da difficoltà momentanee, questo istituto viene troppo spesso utilizzato per una sorta di lavaggio delle pendenze economiche di aziende con pochi scrupoli, a danno di tutto il sistema.<br>Si tratta di un problema grave, che incide sulla sicurezza stessa delle transazioni commerciali e perciò chiediamo al Governo di risolverlo al più presto, promuovendo una modifica normativa che impedisca questa anomalia dalle conseguenze estremamente negative.<br><br>Dal 2008 a inizio 2013 persi 680 occupati under 35 al giorno. Il progetto per il futuro del Paese punti su occupazione, giovani, formazione. Via costi e vincoli della riforma Fornero<br>Serve un progetto per il futuro del Paese. Negli anni sessanta abbiamo fatto la nostra rivoluzione economica proprio perché avevamo una spinta comune. Un progetto che – oggi – deve puntare sull’occupazione, sui giovani, sulla formazione, deve premiare chi prepara al lavoro le nuove generazioni.<br>L’anno scorso abbiamo assistito all’ennesimo paradosso: mentre il Ministro del Lavoro indicava l’apprendistato come la via maestra per formare i giovani, al tempo stesso lo caricava di nuovi costi e complicazioni. E imponeva barriere al mercato del lavoro, in ingresso e in uscita.<br>Questi errori si pagano cari. Basta leggere le cifre della disoccupazione giovanile: dal 2008 a inizio 2013, ogni giorno, abbiamo perso 680 occupati sotto i trentacinque anni.<br>E allora, anche qui, servono buon senso, concretezza e un progetto di ampio respiro. Eliminate costi e vincoli che imprigionano il mercato del lavoro, riducete e semplificate le leggi sull’occupazione, valorizzate il ruolo della contrattazione collettiva.<br><br>Tasse sul lavoro oltre il 42%. Servono sgravi su nuove assunzioni e rilancio dell’apprendistato<br>Come possiamo essere competitivi con una tassazione sul lavoro che ha superato il 42%? E la strada prima da imboccare, per noi, non è quella di eliminare il costo del lavoro dalla base imponibile IRAP, bensì quella di prevedere sgravi contributivi per le nuove assunzioni.<br>Liberate l'apprendistato dai maggiori oneri introdotti dalla riforma Fornero. Lo chiediamo avendone buon titolo, perché l’artigianato è il settore con il maggior numero di apprendisti e in cui un’alta percentuale di assunzioni avviene con questo contratto. <br>Oggi abbiamo consegnato il Premio Giano proprio ad un imprenditore che con l’apprendistato ha formato e avviato al lavoro generazioni di giovani, molti dei quali, a loro volta, hanno anche creato imprese. <br>A tale proposito, la Confartigianato ha messo a punto un’iniziativa per qualificare l’artigianato come opportunità occupazionale per i giovani. Nei prossimi giorni lanceremo un portale per favorire l’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro: uno strumento per poter concretamente realizzare gli obiettivi della “Youth Guarantee”, fissati dal Consiglio Europeo.<br>L’apprendistato è la ‘cerniera’ ideale per ridurre la distanza tra giovani e mondo del lavoro. È uno strumento per trasmettere le competenze tipiche delle attività che fanno grande il made in Italy nel mondo.<br>Quel made in Italy che continua ad essere un valore anche per i nostri giovani i quali, nonostante tutto, hanno scelto di fare impresa e di restare in Italia, puntando su àmbiti innovativi in cui realizzare i propri sogni, le proprie ambizioni.<br>Quando parlo di creare condizioni di normalità per le attività degli imprenditori mi riferisco anche agli interventi nei settori dell’energia, delle infrastrutture, dell’innovazione.<br><br>Ristabilire normalità per imprese su energia, infrastrutture, innovazione.<br>Costo dell’energia: le piccole imprese pagano il 37,9% in più della media Ue. Tasse in bolletta squilibrate rispetto a grandi aziende.<br>Un caso per tutti. L’energia costa alle piccole imprese italiane il 37,9% in più rispetto alla media europea e, contrariamente a quanto si afferma, ciò non è dovuto tanto alla dipendenza da gas e petrolio, quanto agli oneri e alla fiscalità energetica, che è molto pesante soprattutto per le piccole imprese. L’attuale sistema di tassazione fa pagare i piccoli ben più dei grandi! Una situazione che rischia di aggravarsi ulteriormente a seguito degli ultimi provvedimenti adottati dal Governo Monti.<br><br>Nel Mezzogiorno i problemi più acuti. 60 miliardi di Fondi strutturali utilizzati per meno del 40%<br>Lo sviluppo dell’Italia è bloccato da un gigantesco problema di competitività.<br>E questa situazione è aggravata ancora di più dalla presenza di aree, soprattutto nel Mezzogiorno, dove i problemi generali del Paese sono acutizzati dalle difficoltà del contesto locale.<br>Per dirla con una immagine, c’è un problema di vagoni frenati a cui si è aggiunto, con questa crisi, il problema della locomotiva del Nord che arranca.<br>L’economia meridionale è stata fortemente colpita dalla crisi che ha provocato riduzioni dei consumi, degli investimenti e dell’occupazione. Tra il 2007 e il 2013 il Pil del Mezzogiorno è diminuito dell’11% a fronte della riduzione media nazionale del 7%. Il tasso di disoccupazione nel Sud è al 20,1%, mentre nel resto d’Italia è al 12,8%. Le antiche debolezze strutturali si sono sommate all’attuale situazione congiunturale, aggravandosi radicalmente. <br>Ma non diamoci per vinti! Restituiamo fiducia ai cittadini e agli operatori economici, facciamo ogni sforzo per assicurare il corretto e trasparente funzionamento delle istituzioni pubbliche, dei servizi collettivi, della giustizia. Tutelando la legalità e sanzionando i comportamenti illeciti. Responsabilizzando i governi locali. Rafforziamo la dotazione infrastrutturale, valorizziamo le risorse e le energie locali che costituiscono ancora oggi un patrimonio inespresso di sviluppo.<br>Utilizziamo pienamente i Fondi strutturali, veri e propri giacimenti di risorse per lo sviluppo del Sud, mai sfruttati del tutto e bene. Invochiamo su questo un confronto serio e concreto sulla programmazione e soprattutto sulla definizione dei bandi, per riuscire a spendere tutti i 60 miliardi disponibili, di cui ora abbiamo utilizzato meno del quaranta per cento.<br>Per accrescere la competitività delle nostre imprese è poi importante orientare rapidamente l’utilizzo delle risorse del Fondo per la Crescita Sostenibile. Servono infatti politiche di rafforzamento del tessuto delle piccole imprese, nonché di promozione dell’internazionalizzazione e di sostegno all’innovazione. In particolare bisogna riqualificare gli strumenti promozionali, come l’ICE, facilitando l’accesso delle micro e piccole imprese attraverso misure pensate ad hoc per loro.<br>Così come dobbiamo poter contare su un sistema di rappresentanza pubblica all’estero molto più forte, che consideri l’intero Paese nella sua vera connotazione, che è basata sulla piccola impresa.<br><br>La crisi è ormai nella testa della gente: persa la prospettiva del futuro<br>L’Italia si trova in una condizione difficile, non lo scopriamo certo oggi. <br>Ma l’aspetto più preoccupante è che la crisi, ormai, è nella testa della gente, che ha perso la prospettiva del futuro, ha smarrito la visione della propria vita, delle proprie relazioni.<br>Questo è l’effetto collaterale devastante della crisi e della incapacità, che finora c’è stata, di comprenderla come un malessere di tutto un sistema economico e sociale, come una bolla che è scoppiata inondando tutti.<br><br>Riaccendere il motore che dà energia e forza al Paese e valore all’impegno delle persone. Serve il coraggio di riformare sul serio, stavolta<br>A una crisi così non si risponde solamente contrastandone gli effetti, ma bisogna scendere in profondità e riaccendere il motore che dà energia e forza a tutto il sistema Paese.<br>Altrimenti è come se continuassimo a camminare guardandoci i piedi, invece di alzare lo sguardo per capire dove vogliamo e dobbiamo andare.<br>Prendiamo, come esempio tra tanti, il tema del lavoro: dov’è che è sbagliata la riforma Fornero e gli interventi che si sono susseguiti? Nel fatto che non si è capito che la cosa importante è dare valore all’impegno delle persone: il datore di lavoro e il dipendente non sono su due fronti contrapposti, condividono una relazione ed un obiettivo di sviluppo, come noi artigiani sappiamo bene.<br>Capire questo significa ricostruire con equilibrio e con coraggio le regole e i comportamenti, invece di continuare a mettere pezze e cerotti ad una macchina che non funziona più.<br>Sono anni che diciamo che l’impresa artigiana è il modello delle nuove relazioni sindacali. Forse ora è giunto il tempo che le nostre parole vengano ascoltate. Così per il credito, i rapporti con le banche, i rapporti con il fisco, con la pubblica amministrazione: tutti àmbiti che non si riuscirà a cambiare se continuiamo a fermarci ai margini, mentre è necessario e vitale andare in profondità, agli obiettivi, alle prospettive.<br>E con il coraggio di riformare sul serio, stavolta.<br><br>

 

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